Psicosomatica

Un libro per riflettere sulla sofferenza psichica

di Alessandra Arrigoni Ravasi

di Alessandra Arrigoni Ravasi

I CONFINI DEL DOLORE – È possibile arginare la sofferenza psichica?

di Lella Ravasi Bellocchio

L’ultimo libro dell’analista junghiana Lella Ravasi Bellocchio parte dall’esigenza di trovare una risposta al percorso del dolore nella vita di ognuno di noi. Ma come si legge nel retro di copertina, possiamo sfidare il dolore imparando a rispettarne i confini e apprendendo la forza della non risposta, contro la follia del mondo.

Nella prima parte l’autrice ripercorre le storie raccolte oltre trent’anni fa nel carcere di San Vittore a Milano. Gli incontri con le detenute diventano però molto più di semplici racconti e portano il lettore a interrogarsi sui propri perché, cercando un senso al dolore profondo che prima o poi colpisce tutti. 

Il libro rappresenta il tentativo di intrecciare la figura di Giobbe e la sua storia con alcune vicende di donne in analisi. Il filtro di lettura, il filo conduttore delle storie è Giobbe il cui perché sfida il mistero del dolore e dell’amore. 

Nella seconda parte, l’autrice ripercorre invece i temi che più hanno caratterizzato gli ultimi anni, dalla pandemia ai conflitti che insanguinano il mondo, alle catastrofi climatiche. 

Come afferma Lella Ravasi Bellocchio: “È una specie di inventario, non una conclusione, ma una sintesi importante dopo aver vissuto una pandemia che ha trasformato in modo profondo la nostra realtà. Pensavamo di uscirne migliori, ma così non è stato ed è per questo che diventa ancora più significativo chiedersi quale sia il rapporto esistente tra il bene e il male”.

La scelta di riprendere la storia di Giobbe permette di affrontare la domanda di fondo sulla ricerca di senso, che è fondante di ogni lavoro analitico: per uscire dal dolore, occorre prima entrarci a fondo. Imparare a stare sia nel dolore sia nella vita, anche quando di risposte non ce ne sono proprio, permette di capire e – forse – sopportare il dolore del mondo.

Pertanto ci sono storie che non sono guaribili, storie estreme in cui pure il terapeuta può solo fare quello che può rinunciando all’onnipotenza del guaritore, restando presente in modo rispettoso, senza consolare ma offrendo comunque uno spiraglio di speranza e di guarigione.

“Nella mia storia personale – come nelle storie dei pazienti – l’interrogarsi, avere il coraggio di stare in silenzio di fronte al dolore conduce alla valorizzazione di quanto la vita ci ha offerto e ci offre. Chiedersi cosa stiamo facendo della nostra vita – anche pensando alle cose semplici – concorre alla guarigione” conclude Ravasi. 

Come scriveva Lou Salomé ‘la guarigione è un atto d’amore’ dove ti devi fidare e devi cercare di tornare alla vita anche quando questa sembrava annullata. Perché dopo i dolori e le perdite c’è sempre la speranza di riprendere il senso della nostra esistenza.