Adolescenza e identità

L’enigma giovanile: più tempo per il lavoro o per la vita?

di Maria Grazia Buletti

Secondo la definizione del National Institute for Occupational Safety and Healt, lo stress dovuto al lavoro è un insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifesta quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle risorse del lavoratore. Legittimo chiedersi quali siano gli strumenti per modulare le richieste sul posto di lavoro in modo che siano commisurate alle capacità, risorse o esigenze dell’impiegato.

Di fatto, anche in un’azienda tanti “io” formano un “noi”, un cosiddetto “team” le cui radici dovrebbero affondare nella dimensione umana del benessere. Una priorità che va coltivata, ponendosi proprio queste domande a cui dare risposta: quali sono i bisogni dei collaboratori di cui tenere conto? Quali le ripercussioni sul benessere dell’utenza di un team che “sta bene”, che si sente “a proprio agio”, i cui bisogni sono accolti?

Nell’ambito di questa importante riflessione, si situa pure il confronto fra le diverse generazioni portate a collaborare sul posto di lavoro.

“Forum GSA favorisce le aziende nella condivisione di esperienze, di problematiche e difficoltà che meritano le relative soluzioni; da qui è emerso prioritario il tema delle relazioni intergenerazionali e tutto ciò che esso comporta”. Così esordisce il direttore Roberto Fridel a conferma della volontà di affrontare l’incontro tra le diverse generazioni come bisogno essenziale comune ad ogni attore in causa: “Ne è scaturito chiaramente che bisogna parlare dei giovani dando voce in capitolo per prima cosa anche a loro. Dunque, ad ogni azienda è stato chiesto di avere come portavoce pure un giovane rappresentativo della propria generazione cosicché, al netto delle logiche generazionali e delle caratteristiche del comportamento tra adulto/genitore e bambino/giovane, le due generazioni potessero esprimere i loro “mal di pancia” reciproci”.

Friedel riporta la grande coesione giovanile e la prevalenza intellettuale dei meno giovani, “un po’ meno coesi”. Tutti però accomunati dal rispetto reciproco che ha permesso di far emergere le criticità reciproche e le relative proposte di soluzioni che tenessero conto dei vicendevoli punti di vista: “Sono chiaramente emersi i punti di convergenza; alcuni gruppi hanno posto le basi per lo sviluppo delle proposte affiorate, e questo ha favorito un lavoro intergenerazionale trasversale, con i suggerimenti che i giovani hanno potuto presentare alle altre aziende, a fronte di un atteggiamento proattivo di alcune di esse che hanno presentato, a loro volta, strategie già in corso di lavoro armonioso intergenerazionale”.

Grazie a Forum GSA e alla collaborazione delle aziende stesse, sono stati chiari i paradigmi su cui evolvere anche a livello intergenerazionale, sempre in prospettiva di un maggiore benessere in azienda. “Lavorare insieme implica riuscire a dare fiducia ai giovani, al netto dei pregiudizi che possono coesistere da ambo le parti, cercando di concerto le possibili e attuabili soluzioni nell’interesse dell’azienda”, riassume Friedel che riporta quanto i giovani siano “entusiasti e collaborativi, e di conseguenza parecchio apprezzati dai loro dirigenti”.

Un incontro interegenerazionale che è sempre esistito, ma che oggi vive una sorta di “spezzettatura di generazioni che cominciano a differenziare la scala dei propri valori”: “Dai Boomer alla generazione Z, oggi ci troviamo con punti di vista fortemente diversi, anche con l’avvento esponenziale della digitalizzazione che ha prodotto un processo di incompetenze temporanee da colmare”.

“Più tempo per il lavoro o più tempo per la vita? Un enigma giovanile che ridefinisce la scala delle priorità di cui bisogna tenere conto a livello intergenerazionale”

Egli ricorda però che, allo stato attuale delle cose: “I dati riportano che non dobbiamo trascurare lo sguardo sulle generazioni più anziane delle quali, oggi, stanno aumentando gli indici di sofferenza a certificare un malessere realmente percepito, forse dovuto al fatto che le competenze necessarie richieste in azienda non sono più quelle di qualche tempo fa”. Ad ogni modo, conoscenza reciproca intergenerazionale, dialogo a tutto campo, creazione di relazioni, abbattimento delle barriere e attenzione delle aziende alle condizioni di incontro su un “ponte” solido da ambo le parti: tutto ciò concorre al benessere di tutti, indipendentemente dall’età: “Queste sono le aziende che segnano un coefficiente di benessere generalmente più alto delle altre”.

Sta ai quadri aziendali riuscire a creare quegli equilibri che portano al benessere comune di tutti i lavoratori: “In un piccolo territorio come il nostro, la crescita culturale passa anche per il management dell’azienda e può fare grande differenza nella gestione delle sue risorse. Allora, anche fra generazioni ci si può intendere, collaborare, in una profonda ed empatica comprensione umana coadiuvata da un’apertura alle differenze che porterà certamente a migliori risultati”.