Ricerca e innovazione

Una protesi cambia la vita

di Filippo Nishino, presidente associazione Swisslimbs

di Filippo Nishino

Nel cuore pulsante dell’innovazione e della solidarietà, si posiziona l’associazione Swisslimbs, incarnazione di un sogno umanitario che trova le sue radici nel profondo desiderio di Ismael Mohamed, un tecnico ortopedico le cui mani hanno intessuto speranza e rinnovamento per vent’anni sotto l’egida della Croce Rossa in terreni di conflitto come Iraq, Siria e Giordania.

La sua visione era tanto semplice quanto rivoluzionaria: creare una protesi sotto ginocchio accessibile a parità del costo di un paio di scarpe, rendendo così la mobilità un diritto universale piuttosto che un lusso.

Ne abbiamo parlato nel numero 1 di INsalute (febbraio – maggio 2024, pagina 92-93).

Oggi diamo voce alle testimonianze di coloro i quali hanno visto cambiare la qualità della propria vita.

“I missili piovevano dal cielo; non c’era tempo per scappare e rifugiarsi...” Mohammad, 58 anni, Raqqa, Siria

Mohammad Nhaier vive a Irbid, in Giordania, dal 2013 e lì vi riceve assistenza. In Siria è stato preside di una scuola e sua moglie Adiba era un’insegnante per il Ministero dell’istruzione. Hanno 6 figli, 4 dei quali sono adulti con lauree o diplomi professionali, ma che si guadagnano da vivere facendo lavori manuali in Giordania.

“Le strade di Raqqa erano piene di gente che rientrava a casa dal lavoro. Anch’io stavo camminando quando i missili hanno colpito. La gente scappava e gridava, venti persone sono state ferite gravemente e sei sono morte. Ho visto cose che non dimenticherò mai: un palazzo è stato colpito e ha proiettato fuori dalla finestra una signora che è precipitata, morendo sul colpo. Mi sono ritrovato sbalzato a circa 100 metri da dove mi trovavo, tanto è stata forte l’esplosione. Ci hanno portato d’urgenza al pronto soccorso che però era totalmente deserto. Tutto il personale era scappato terrorizzato dai miliziani dell’ISIS che avevano invaso la città e si erano dichiarati nuovi governanti.

Non c’era altra scelta se non quella di tornare a casa e curarsi da soli le nostre ferite. Il mio corpo era coperto di schegge metalliche, in particolare la mia gamba, e non sono stato in grado di curarla, nonostante i miei tentativi. Avevo disperatamente bisogno di aiuto medico e ho supplicato la milizia ISIS affinché potessi recarmi all’ospedale di Damasco. Quattro mesi dopo ho ricevuto il permesso ma era troppo tardi per salvare la mia gamba e i dottori non hanno avuto un’altra opzione se non quella di amputarla. Ero arrabbiato, non ho modo di descrivere i miei sentimenti per il comportamento insensato di quelle persone.

A Damasco la situazione peggiorò e ci portarono al campo rifugiati di Zaatari. Non riesco a descrivere le condizioni in cui si viveva nel campo nel 2013. Faceva freddo, non c’era alcun tipo di organizzazione, si viveva tutti nelle stesse tende e il cibo scarseggiava. Era insopportabile, ma abbiamo trovato una via di fuga e siamo scappati a Irbid, la città in cui vivo ancora oggi.

Ho sofferto così tanto ed è stato un dolore che non auguro neanche al mio peggior nemico. Dopo 14 operazioni e tre anni da quel giorno, ho ricevuto finalmente la mia prima gamba. Non so come esprimere la mia gratitudine a SwissLimbs e ai loro donatori per tanta gentilezza. Posso di nuovo camminare e questo è un miracolo.

Non ho grandi speranze per il mio futuro, è troppo doloroso assistere alla devastazione del mio Paese e alla dispersione della mia famiglia”.

SwissLimbs ha donato a Mohammad la sua prima protesi il 4 febbraio 2017.

“Stavo giocando a calcio quando improvvisamente un boato di mortaio ha sconvolto la  partita...” Ibrahim, 27 anni, Dara’a, Siria

Ibrahim è un ragazzo di 27 anni di Dara’a, in Siria.

“Stavo giocando a calcio in strada con i miei amici del vicinato, quando improvvisamente il boato di un mortaio ha sconvolto il gioco e le nostre vite. Era il 16 marzo 2014.

Due dei miei amici sono morti sul colpo e sei di noi sono stati feriti gravemente. Ero intorpidito dal dolore lancinante e sono stato subito portato al pronto soccorso, dove mi hanno rimosso un rene e mi hanno amputato la mia gamba destra. Le ferite erano così gravi che nell’anno e mezzo successivo ho dovuto subire 41 operazioni. Ero completamente distrutto.

La ricostruzione della gamba è avvenuta in diversi momenti; all’inizio hanno dovuto ricollegare le arterie prendendo del tessuto dalla mia gamba sinistra; poi hanno dovuto creare un’estremità che potesse, un giorno, facilitare il raccordo con la gamba artificiale.

La mia vita è cambiata per sempre: quando ero in Siria ho vissuto felicemente con la mia famiglia e ho lavorato con gli altri miei cinque fratelli nell’attività di famiglia; installavamo pavimenti e il lavoro andava molto bene. Mi mancano. Ora siamo lontani, un mio fratello è riuscito ad andare in Germania, uno in Qatar, uno è morto. Solo uno è rimasto qui a Irbid. Ho anche 6 sorelle, una abita ancora in Siria, una è andata in America e le altre quattro sono tutte sparpagliate per la Giordania. Posso ritenermi felice di essere vivo, ma ci vorrà tempo per ricostruire la mia vita.

Sogno che la Siria venga liberata e di poter tornare a casa mia e ricostruire la mia attività professionale. Spero che il mio sogno si realizzi”.

“I ribelli hanno ucciso prima tutti gli adulti, poi raggruppato noi bambini e ci hanno mozzato le mani CON IL MACHETE” Adama Sumanh, 30 anni, Kambia District, Sierra Leone

Quando aveva 8 anni, i ribelli hanno assaltato il suo villaggio, sparando su case e persone e generando un fuggi fuggi generale. I ribelli hanno poi ucciso tutti gli adulti che non erano riusciti a rifugiarsi nella giungla.

Adama ha assistito impotente all’uccisione dei suoi genitori e di tutte le persone che conosceva del villaggio. Dopodiché, i bambini sono stati raggruppati e ad ognuno è stata amputata la mano con un machete. Erano circa una ventina di bambini, alcuni dei quali sono morti dissanguati, altri non si sa se siano sopravvissuti. Adama è stata soccorsa da suo fratello maggiore che era riuscito a scappare dal villaggio. 

Adama è adesso mamma di una bambina di 10 anni e fa parte della squadra di calcio del Single Leg Amputee Sport Association SLASA, nella quale gioca nel ruolo di portiere.

Durante la missione di SwissLimbs, ha ricevuto una hand-tool e le è stata anche ordinata una mano cosmetica che si abbini alla sua tonalità di pelle.