
Alimentazione e benessere mentale
SOS obesità
Per l’OMS è epidemia, ma attenzione alle diete pre-estive
di Antonio Mazzaglia
Negli ultimi decenni l’obesità ha raggiunto proporzioni epidemiche, emergendo come una delle principali sfide globali per la salute pubblica. Da uno studio pubblicato su The Lancet è emersa una dichiarazione brutale: “L’obesità costituisce una minaccia più grave della fame”. Quest’affermazione solleva interrogativi cruciali sullo stato attuale della salute globale e sulle priorità nell’affrontare le crisi alimentari.
Le statistiche parlano chiaro e destano preoccupazione soprattutto quando si considera l’impatto su donne e bambini. Attualmente, si stima che 159 milioni di ragazzi al di sotto dei 18 anni siano obesi, con una percentuale di donne obese che è raddoppiata dal 1990 (quasi una su cinque). Anche tra gli uomini, la situazione è allarmante, con uno su sette che soffre di problemi legati alla malnutrizione. Secondo uno studio del 2017 dell’ETH di Zurigo, in Svizzera la situazione non è migliore, con il 43% della popolazione adulta sovrappeso o obesa, mentre tra i giovani, i bambini e gli adolescenti la percentuale si attesta intorno al 15%. Questo trend in crescita preoccupa, e le previsioni per il futuro sono poco incoraggianti, sia in termini di salute pubblica che di impatto sul sistema sanitario. Secondo un’indagine promossa dall’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), sono triplicati i costi diretti delle malattie legate a sovrappeso e obesità, così pure quelli indiretti dovuti alla perdita di produttività e relativi effetti sulla forza lavoro, passando da 2’648 a 7’990 milioni di franchi all’anno.
“L’obesità non rappresenta solo un problema estetico, ma è una delle principali cause di malattia e disabilità nel mondo”, afferma Martina Brenna, dietista presso la Clinica Sant’Anna di Sorengo. Se in passato l’obesità veniva vista come il risultato di uno stile di vita poco ortodosso, oggi è riconosciuta come una patologia e questo cambiamento di prospettiva consente un approccio e una presa di posizione più seria. “I problemi dovuti all’eccesso di peso sono una minaccia significativa per la salute, con conseguenze che abbracciano una vasta gamma di patologie, inclusi disturbi cardiovascolari, respiratori, metabolici, digestivi, endocrini, oncologici e psicologici, oltre a predisporre a problemi osteoarticolari e reumatologici”, sottolinea la nostra interlocutrice, la quale ricorda anche che nelle donne proprio un peso eccessivo potrebbe portare a complicazioni durante il parto e influire sulla fertilità, così come aumentato risulterebbe il rischio di tumori. Brenna spiega altresì che: “È bene ricordare che non bisogna sottovalutare i rischi legati all’obesità se bisogna sottoporsi a un intervento chirurgico, poiché la presenza di grasso viscerale (ossia la parte di tessuto adiposo concentrata all’interno della cavità addominale che avvolge gli organi interni) aumenta il rischio e la complessità dell’operazione, e questo rende gli individui obesi o in sovrappeso clinicamente più problematici da trattare. Infine, anche nei processi di riabilitazione possono insorgere complicazioni significative”.
Nell’analisi del sovrappeso o dell’obesità, si utilizza l’Indice di Massa Corporea (IMC o BMI, dall’inglese Body Mass Index): “Questo indice fornisce una stima del rapporto tra peso e altezza ed è un indicatore generale dello stato ponderale”. Il suo calcolo è semplice: “Si ottiene dividendo il peso di una persona (misurato in chilogrammi) per il quadrato della sua altezza (misurata in metri). Nella norma, ci si colloca in un intervallo di IMC compreso tra 18,5 e 25, che indica un basso rischio di patologie correlate al peso. Tuttavia il rischio aumenta superando questo intervallo ed entrando nella fascia tra 25 e 30. Una situazione ancora più critica si presenta con un IMC superiore a 30 e 40 o più”. È importante notare che l’IMC dà solo una stima approssimativa del grasso corporeo e non considera né la sua distribuzione né la massa muscolare: “Per identificare il tipo di obesità e valutare l’eccesso di grasso viscerale esistono esami specifici, come ad esempio l’analisi della composizione corporea (bioimpedeziometria), ma possono essere utilizzati anche strumenti più semplici, come il metro da sarto. Una circonferenza vita superiore a valori specifici (88 cm per le donne, 102 cm per gli uomini) indica un eccesso di adiposità addominale e un rischio maggiore per la salute, indipendentemente dal peso corporeo totale”. Oltre a queste semplici misurazioni, Brenna sottolinea l’importanza di controllare regolarmente i valori del sangue per identificare precocemente i fattori di rischio cardiovascolare, “soprattutto a una certa età, in chi presenta familiarità e per coloro che non ne hanno mai fatte”.
“Oggi, l’eccesso di peso è spesso dovuto ad abitudini alimentari insalubri, diseducazione e altri fattori che vanno oltre la scelta individuale”, prosegue Brenna. “Un problema evidente anche in regioni come l’Italia o il Ticino, legate alla dieta mediterranea (uno dei migliori pattern alimentari). L’accessibilità economica a cibi di qualità, ad esempio, è un problema critico, specialmente per le persone a basso reddito che spesso si affidano a prodotti ad alta densità energetica e basso valore nutrizionale, mentre frutta e verdura diventano un lusso”. Pure lo stress, la sedentarietà e la mancanza di tempo favoriscono il consumo di cibo da asporto, il più delle volte poco salutare e spesso ricco di grassi saturi, zuccheri e sale. “Le grandi aziende alimentari sfruttano questa tendenza promuovendo prodotti ad alto contenuto calorico attraverso un packaging ricercato dei loro prodotti e strategie di marketing mirate volte a glorificare il cibo poco salutare”.
“Stress, sedentarietà e mancanza di tempo favoriscono il consumo di cibo poco salutare”
Al supermercato bisognerebbe optare per scelte più consapevoli e la dietista consiglia di osservare sui prodotti confezionati la tabella Nutri-Score che fornisce informazioni sul valore nutrizionale: “Questo sistema utilizza una formula scientificamente valida per valutare il valore nutrizionale di ogni alimento, considerando ogni prodotto in base a una quantità standard di 100 grammi o 100 millilitri. I cibi raccomandati sono contrassegnati in verde e da una lettera A, e si va fino al colore rosso, con la lettera E, per quei cibi il cui consumo andrebbe ridotto”.
In tal modo si mira a contrastare la malnutrizione, ma è necessaria una maggiore educazione alimentare per comprenderne appieno il significato. “Alcuni potrebbero essere portati ad escludere certi alimenti basandosi su questa metrica, ma spesso è sufficiente moderarne il consumo”.
Per adottare una dieta sana, la dietista suggerisce di fare riferimento alla piramide alimentare, dando priorità a frutta e verdura seguite da fonti di amido preferibilmente integrali, senza eccedere nelle porzioni. “È, inoltre, consigliabile includere anche modeste quantità di fonti proteiche, sia animali che vegetali, e limitare il consumo di grassi, sale e zuccheri aggiunti”. Tuttavia, la specialista sottolinea che la dieta non riguarda solo l’aspetto nutrizionale, ma anche il piacere e la convivialità: “È importante godere del cibo in buona compagnia, mantenendo allo stesso tempo un approccio equilibrato. È meglio limitare l’occasione e godersela piuttosto che privarsene completamente “.
La conlcusione di Brenna è così riassunta: “Nel considerare un percorso dietetico è importante non concentrarsi solo sull’aspetto estetico che non va neppure interpretato come una terapia eccessivamente restrittiva o a breve termine: ciò non è salutare né educativo”. Le diete estive, ad esempio, sono incentrate sul raggiungimento di un certo peso prima dell’estate (la tanto agognata “prova costume”); per questo motivo sono fortemente sconsigliate: “Esse non rappresentano un approccio sano all’alimentazione perché i risultati rapidi sono spesso privi di sostanza e possono compromettere la salute a lungo termine. Inoltre, la massa grassa persa rapidamente tende ad essere riacquistata facilmente. Questo tipo di diete, oggi ampiamente diffuse su internet, si basano esclusivamente sulla restrizione e, spesso, il peso perso non è costituito solo da grasso, ma anche da massa muscolare. Ciò comporta una “perdita di motore” difficile da recuperare e un’alterazione generale della composizione corporea”. Ed è proprio sulla massa muscolare che si focalizza l’attenzione di Brenna: “Oltre alle diete, l’attività fisica aiuta a perdere peso in modo virtuoso, perché con un tono muscolare rafforzato vi è anche un aumento del dispendio energetico relativo al metabolismo di base: il muscolo, anche a riposo, partecipa per un terzo al metabolismo basale”.
Ne risulta che: “Ciascuno di noi deve essere responsabile della propria salute e soprattutto deve prendersene cura”.