Diagnosi e terapie

Polifarmacoterapia Il ruolo del geriatra

a colloquio con il geriatra e spec. in medicina interna Florenc Kola

Secondo i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la proporzione di individui ultra sessantacinquenni è in aumento rispetto ad altre fasce d’età. Le proiezioni prevedono che entro il 2050 questa fascia di popolazione raggiungerà i due miliardi: un numero tre volte maggiore rispetto ai dati del 2005. Questo segmento demografico costituirà approssimativamente un quarto della popolazione mondiale, con variazioni significative nei tassi di crescita a seconda della regione analizzata.

Di conseguenza, l’invecchiamento della popolazione porterà inevitabilmente a un aumento significativo nella pratica della polifarmacoterapia.

Ne abbiamo parlato con il dottor Florenc Kola, geriatra e specialista di medicina interna alla Clinica Sant’Anna di Sorengo.

Dottor Kola, cosa si intende per polifarmacoterapia?

Convenzionalmente, si parla di polifarmacoterapia quando vengono assunte almeno cinque molecole diverse quotidianamente. Nel 30% dei casi si parla di persone sopra i 65 anni. Circa un terzo degli anziani assume dai sei ai dodici farmaci, un fenomeno spesso legato alla predominanza della polipatologia e all’aumento delle malattie croniche per le quali l’anziano ha una maggiore suscettibilità e richiede un trattamento più complesso.

È bene ricordare che le terapie farmacologiche vanno iniziate e proseguite gradualmente. Tuttavia, spesso questo principio viene meno a causa della mancanza di una visione olistica del paziente da parte degli specialisti, i quali si concentrano solo sul loro ambito di competenza. Capita che il medico di famiglia focalizzi la sua attenzione sulle malattie piuttosto che sull’individuo, prescrivendo farmaci specifici per ciascuna condizione. 

Nell’individuare la terapia corretta bisognerebbe invertire la rotta e partire da una prospettiva centrata sul paziente prima che sulle singole patologie.

Quando si può parlare di iper-polifarmacoterapia o di sovraprescrizione?

Per iper-polifarmacoterapia si intende una situazione in cui un paziente assume un numero eccessivo di farmaci contemporaneamente, al di là di quel che dovrebbe essere clinicamente necessario o appropriato per la gestione delle sue condizioni di salute. 

Generalmente, si ha una sovraprescrizione quando più medici prescrivono farmaci in modo indipendente, senza che vi siano una comunicazione e una coordinazione efficaci tra di loro. In particolare, andrebbe potenziata la collaborazione con il farmacista clinico il cui ruolo risulta cruciale nel regolare le interazioni tra farmaci e tra farmaco e malattia.

In questo contesto, la figura del geriatra è fondamentale poiché agisce come un direttore d’orchestra, coordinando e armonizzando le diverse terapie al fine di garantire il benessere complessivo del paziente. 

Come si configura il geriatra in un contesto polifarmacoterapeutico?

In primis, nella multidisciplinarietà della presa a carico del paziente bisognerebbe guardare al geriatra come a un prezioso alleato piuttosto che a un concorrente. Ed è bene ricordare che la parola “concorrenza”, etimologicamente parlando, significa “correre insieme” verso un obiettivo comune. Tuttavia, purtroppo molti medici specialisti temono di “perdere” il paziente in caso di coinvolgimento del geriatra ed è fondamentale sradicare questa convinzione.

Data la complessità e la fragilità dei pazienti anziani, il geriatra è un “collaboratore” essenziale in un approccio integrato alla cura. D’altronde, la gestione multidisciplinare necessita di un giusto equilibrio e richiede il contributo adeguato di ogni singolo specialista coinvolto, con l’obiettivo di garantire una presa a carico completa e appropriata. Ogni professionista deve svolgere il proprio ruolo in un quadro di assoluta sintonia all’interno di un’équipe sanitaria.

In questo contesto l’adeguatezza della presa a carico terapeutica è fondamentale, così come lo è in tutti gli ambiti della vita: dopotutto, se ho bisogno di un meccanico non posso aspettarmi che sia il gommista a risolvere il problema. 

Alcuni trattamenti farmacologici possono causare nell’anziano effetti collaterali indesiderati. Quali i più comuni? E quali i farmaci coinvolti?

Certo, una percentuale significativa degli accessi in medicina acuta (compresa tra il 5% e il 28%) è correlata agli eventi avversi causati dai farmaci, e potrebbero essere evitati. Le conseguenze di tali eventi sono comuninegli anziani e possono essere gravi. Parliamo di stato confusionale, cadute, disioni (alterazioni degli elettroliti) e disidratazione. 

I farmaci coinvolti, e facilmente individuabili, sono i cardiovascolari, diuretici, antinfiammatori, antidiabetici, psicofarmaci, anticoagulanti e antiaggreganti. 

E qualora si riscontrasse una necessità assoluta di assumere tali farmaci?

Quando si tratta di prescrivere farmaci, è fondamentale seguire alcune regole basilari. Prima di tutto, è importante iniziare con dosaggi bassi e procedere gradualmente. In secondo luogo, è essenziale considerare i criteri stabiliti dalla Società Americana di Geriatria: bisogna valutare l’adeguatezza di una determinata terapia in relazione all’età e alla prognosi del paziente. L’approccio di cui parlo pone il paziente al centro, mentre la terapia va inquadrata all’interno del suo contesto. Nel trattamento di un anziano bisogna sempre comprendere e saper valutare gli effetti dell’invecchiamento. Quindi, le modifiche legate all’età nella farmacocinetica e nella farmacodinamica devono essere considerate attentamente. Condizioni quali l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’eliminazione dei farmaci subiscono variazioni con il passare del tempo. 

Data la fisiologica alterazione legata all’invecchiamento, la presenza di molteplici patologie, la polifarmacologia e una fragilità soggiacente dell’anziano, il geriatra deve agire con destrezza, come un equilibrista, calibrando con cura il trattamento farmacologico. 

Senza sottovalutare che la volontà del paziente, e le sue motivazioni, sono elementi importanti: non possono e non devono essere esclusi o sottostimati. 

Una delle conseguenze della polifarmacoterapia è la “non aderenza” al trattamento. Cosa comporta ciò e come si agisce al riguardo?

Qualora vi fosse una condizione di “non aderenza” terapeutica, le conseguenze sarebbero significative: se un paziente necessita di un farmaco antidiabetico e non lo assume regolarmente, ad esempio, osserveremmo le conseguenze di una malattia non trattata. La “non aderenza” si verifica anche in casi di già citata mancanza di sinergia tra i membri di un’équipe medica all’interno del percorso terapeutico: la qualità della cura sarebbe compromessa, e anche in questo caso le conseguenze negative sarebbero evidenti. Altre ragioni sono riscontrabili e insite nel paziente. A volte si è molto sensibili agli effetti avversi causati dai farmaci, con conseguente riluttanza o resistenza alla terapia. Altri fattori includono considerazioni di carattere culturale, religioso, socio-cognitivo, economico, e problemi di mobilità. Ad esempio, potrebbe non avere senso prescrivere insulina a un anziano se questo, in una condizione di solitudine, non fosse in grado di provvedere autonomamente alla somministrazione. Potrebbe non gradire e addirittura non volere effettuare la terapia. Lo stesso ipotetico paziente con difficoltà motorie, nella medesima condizione di solitudine, potrebbe non accettare la terapia in quanto privo di stimoli.

Ci parli della sua esperienza personale con un consiglio o un suggerimento nell’ambito di una presa a carico interdisciplinare del paziente anziano.

È essenziale rivalutare periodicamente la polifarmacoterapia, riesaminando attentamente la situazione ogni 3 o 6 mesi: un farmaco prescritto anni prima potrebbe non avere più lo stesso impatto, quindi è fondamentale valutarne l’efficacia nel presente e riconsiderare costantemente la necessità di continuare la sua somministrazione. Personalmente, rivedo e rivaluto il regime farmacologico a ogni visita, assicurandomi di adattarlo alle esigenze attuali del paziente. Il mio consiglio a ogni geriatra, e medico in generale, è di operare in sinergia con tutti gli attori coinvolti. Solo così si può garantire una cura individuale e ottimale per ciascun paziente.