Salute pubblica
Il “dietro le quinte” di chi ha narrato il Covid in Ticino
a colloquio con l’autore
Al termine della presentazione, abbiamo avuto modo di porre qualche domanda all’autore, per comprendere le ragioni che lo hanno portato a cimentarsi in questa impresa letteraria.
Dottor Sanna, l’intento del suo impegno letterario è quello di provare a superare quell’antichissimo divario che sussiste tra la scienza e la sua divulgazione? Cosa l’ha spinta a parlare di Covid e cosa rappresenta questo libro per lei?
Non sono un virologo, ma un oncologo e palliativista. Ho una formazione medico-scientifica, ma amo la letteratura. Da una parte, cerco di condividere contenuti con un’evidente base scientifica; dall’altra, la mia esperienza. Questo libro è un diario, una cronaca del mio vissuto, un condensato di ciò che ho ritenuto “il meglio” tra i tanti appunti presi. Scrivere è una terapia, e lo faccio per curarmi. Spero che quanto scritto possa essere condiviso, ma lo faccio per me stesso. Sono soddisfatto e spero di scrivere ancora.
È possibile sorvegliare e prevenire un coronavirus? Guardando a ciò che è accaduto: perché solo nel 2019 e non prima?
Posso dirle che i virus sono sempre intorno a noi e di tanto in tanto dobbiamo mettere in conto che le nostre strade si incrocino. Per determinate dinamiche storico-culturali, il cammino dell’uomo si incontra con altre forme di vita e può emergere qualcosa di disastroso. I virologi dicono che queste malattie non si esauriscono; succederà ancora. Credo che per qualche motivo, nel 2019, le caratteristiche del virus erano talmente vicine alla possibilità di infettarci che alla fine è successo. Questo accade per passi e non da un giorno all’altro. Sono avvenute tante mutazioni del virus fino a che ciò è stato possibile.
Secondo lei, il Covid ha sottolineato limiti, organizzativi e comunicativi, nel sistema sanitario e nelle Istituzioni in generale?
In principio sì, perché non c’era conoscenza al riguardo. Si è dovuto improvvisare ma, nonostante tutto, si è fatto un buon lavoro. Da un giorno all’altro, si è costruito un sistema volto a controllare la pandemia e con il tempo ne siamo venuti a capo. All’inizio, forse, il fenomeno è stato sottovalutato, ma poi ci si è dovuti piegare all’evidenza. In fin dei conti, credo siano stati commessi errori nella gestione della pandemia, ma sono valutazioni umane e l’uomo è perfettibile. La comunicazione è spesso il punto dolente: è fondamentale e a volte funziona male. Probabilmente qualcosa è andato storto, ma parliamo di errori in buona fede. Un suggerimento che vorrei dare è che è estremamente importante, essenziale e determinante, informare bene le persone.
Il Covid l’ha cambiata? Le andrebbe di condividere un’esperienza personale che l’ha segnata?
La pandemia ci ha dato una bella strigliata, una dimostrazione che un’entità esterna può arrivare e spazzare via tutto senza preavviso. Oggi tengo alta la guardia in un quadro di maggiore consapevolezza. Una cosa che mi ha segnato molto è stato vedere persone relativamente giovani e sane, in forma, portate via da una malattia arrivata da chissà dove e chissà come. Amici e conoscenti che frequentavo da una vita.