Ansia, stress e burnout

Depressione post partum? Può capitare al papà

I disturbi dell’umore in relazione al parto colpiscono dall’8 al 10% dei padri

di Maria Grazia Buletti

“Prima l’ansia, una sensazione di nodo alla gola mai provata, alla quale però non avevo dato troppo peso: stavamo per avere un bambino ed è normale farsi molte domande, avere dubbi, anche paure che ritenevo essere responsabili di quell’irrequietezza che mi assaliva. Poi la depressione, proprio quando è nata Emma. Perché?, mi chiedevo, e non sapevo rispondermi. Perché in un momento bello ed esaltante come questo? Guardavo la nostra neonata nella culla, e invece di sorridere mi sentivo assalire da una grande agitazione. Con mia moglie ero irritabile, e più mi rendevo conto che avrei dovuto starle accanto meglio di come facevo, in questo momento di grandi cambiamenti anche per lei, più sudavo freddo, mi spegnevo, dormivo malissimo (anche perché Emma ci svegliava spesso durante la notte) e mi mancava pure l’appetito”. È il racconto di Gianni, un neopapà che dopo la nascita della prima figlia ha capito che qualcosa in lui non andava, ha avuto la forza di guardarsi allo specchio e chiedere aiuto; racconta che quella nascita lo aveva letteralmente calato in un “buco nero”: “Non sapevo come vi ero finito, ma non riuscivo ad uscirvi da solo”.

Nella coppia che si appresta ad accogliere un bambino, i disturbi della sfera psicologica non riguardano solo la mamma. Anche i papà, come testimonia Gianni, durante la gravidanza e dopo la nascita del bebé possono essere agitati e irritabili, con il rischio che nessuno si preoccupi di loro. Un quadro, ormai noto agli specialisti, che secondo alcuni studi citati dall’Associazione Depressione post partum svizzera (www.postpartale-depression.ch/it) riguarda il 10% circa dei padri, anche se è probabile che molti casi non siano segnalati in quanto ancora oggi è difficile, per un uomo, chiedere aiuto. La conferma viene pure da una metanalisi di 43 studi condotta da un team di ricercatori dell’Università di Canberra e pubblicata sul Journal of Affective Disorders, dalla quale si evince che l’ansia di un uomo per l’arrivo di un nuovo bambino è comune esattamente quanto lo è la depressione post-partum che può colpire la sua compagna. La differenza sta nel fatto che, finora, questo aspetto “al maschile” è stato sottovalutato.

“In generale, i disturbi dell’umore (nello specifico depressione post-partum) in relazione al  parto possono insorgere anche prima dell’evento. Dunque, la definizione “post-partum” non è appropriata e sarebbe opportuno dire “depressione peri-natale” proprio perché abbraccia anche il periodo antecedente al parto”. A parlare è lo psichiatra psicoterapeuta William Vernieri che ci permette di riflettere sugli aspetti relativi alla figura del papà, non sempre immune a questi cambiamenti di umore che non vanno certo presi sottogamba, anche se un tempo non erano nemmeno socialmente contemplati: “È difficile stabilire se in passato l’incidenza fosse la medesima, perché oggi la società è cambiata, così come si è evoluto il ruolo dei padri, ora molto più coinvolti nell’accudimento dei figli in virtù del cambiamento sociale e di quello dell’ambito famigliare, a partire dal secolo scorso fino ai giorni nostri”.

Lo specialista analizza il fatto che: “In passato, il ruolo centrale dei padri era di ordine più pragmatico perché doveva garantire l’economia famigliare e “il tetto sulla testa”. Dunque, il padre era per lo più colui che impartiva le regole educative, mentre oggigiorno è decisamente diverso e i padri sono molto più presenti affettivamente con i figli: mostrano più facilmente la loro emotività mentre un tempo questa veniva nascosta; elemento che ha sempre giocato nel ritardo o nella mancata diagnosi nell’ambito di una loro depressione post-parto”.

“Dopo la nascita di nostra figlia ero letteralmente in un “buco nero” nel quale non sapevo come ero finito, ma non riuscivo ad uscirne da solo”

Nei disturbi peri-natali che colpiscono l’uomo, diversi sono i sintomi da non sottovalutare: “Gli uomini possono inizialmente sentirsi fuori dal processo che lega in modo viscerale la futura mamma con il neonato e il problema si può aggravare perché ancora oggi sottovalutano il problema e difficilmente cercano aiuto”. Un problema che si può aggravare, mostrando ulteriori segni fisici e psicologici, spiega Vernieri: “Sia nei papà che nelle mamme, si tratta di sintomi molto simili a quelli della depressione, solo che si manifestano di norma durante il primo anno di vita del bambino: malumore, insonnia o privazione del sonno a causa dei risvegli frequenti del neonato, sensi di colpa o di inadeguatezza, scarsa concentrazione, cambiamenti di peso o appetito, stanchezza, minor tolleranza alla frustrazione. Un aspetto, quest’ultimo, molto più frequente nei padri”. Al di là dei criteri diagnostici, lo psichiatra rende attenti sulle dinamiche della coppia che l’arrivo di un figlio inevitabilmente sta facendo virare verso nuovi equilibri dettati dalla nascita: “Quella tristezza decisamente estranea alla natura dell’individuo ne è il segnale: un riverbero all’interno della coppia, maggiore litigiosità e, in generale, nei papà potrebbero insorgere disturbi legati a un maggiore consumo di alcol, alterazioni di tipo comportamentale (ad esempio anche con comportamenti promiscui)”.

Secondo l’Associazione Depressione post parto svizzera il periodo con la più alta incidenza di depressione post-partum paterna si situa tra i 3 e i 6 mesi dopo la nascita: “Quindi, spesso un po’ dopo rispetto all’insorgere della depressione post-partum nelle donne”. Per quanto attiene ai fattori di rischio, gli elementi dei nostri interlocutori convergono: “Essi includono casi antecedenti di depressione, circostanze di vita stressanti (ndr: lavoro, preoccupazioni finanziarie e via dicendo), mancanza di supporto da parte dei famigliari, problemi di coppia, status sociale e false aspettative sulla vita famigliare”. Mentre Vernieri sottolinea nuovamente la privazione del sonno come un fattore da non sottovalutare: “Pare banale, ma non lo è; lo dimostrano genitori esausti a causa del fatto che i figli dormono poco”.

Gli studi sul tema indicano pure altri fattori che potrebbero giocare un ruolo per la depressione post-parto paterna: “Surplus di responsabilità, a maggior ragione in un periodo di difficoltà economica, o precedenti problemi di salute mentale”. Aspetti suffragati pure dal presidente della Società italiana di psichiatria e direttore del Dipartimento di salute mentale dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma Claudio Mencacci, che presso la struttura sta portando avanti un progetto di sostegno all’intera famiglia verso la genitorialità: “Non a caso tutti questi fattori di rischio vengono spesso riconosciuti come disturbi di adattamento al periodo”.

“Aumento di peso e stress i primi sintomi visibili di una condizione psicologica di disagio maschile, accompagnati da alcune modificazioni ormonali come un calo  di testosterone, a vantaggio dello sviluppo del senso di accudimento”

Un fenomeno, quello della depressione post-parto maschile, più evidente quando si tratta del primo figlio e quando la compagna è stata già colpita dalla stessa problematica.

L’evidenza dei possibili sintomi nell’uomo è così riassunta da Vernieri: “Nell’uomo si osservano alcune modificazioni ormonali: il cortisolo e la prolattina risultano più alti del normale, a differenza del testosterone il cui calo è propedeutico allo sviluppo del senso di accudimento. Aumento di peso e stress sono i primi segni visibili di una condizione psicologica di disagio”.

Ma, secondo l’Associazione dedicata, la diagnosi non è sempre dietro l’angolo: “Gli uomini tendono a reprimere i problemi psicologici ancora più delle donne e spesso trovano particolarmente difficile chiedere aiuto. Poiché, dunque, molti di essi parlano spesso meno apertamente dei loro sentimenti e i punti di contatto con i professionisti sono ancora più rari, la depressione post-partum nei padri viene diagnosticata raramente. Pertanto, c’è il rischio che i sintomi siano sottovalutati o passino inosservati, complici pure i sintomi divergenti fra uomo e donna”.

La speranza è che la depressione post-partum paterna riceva più attenzione nella ricerca e nella pratica: “Un prerequisito è che diventi naturale interessarsi allo stato d’animo del padre, sia per i professionisti nel settore della prima infanzia, sia nella nostra società”.

In conclusione: “La depressione non riconosciuta è già abbanstanza stressante per chi ne è colpito, ma nel caso di quella paterna non trattata, è pure importante evitare effetti sfavorevoli su tutta la famiglia”. Di conseguenza: “Oltre alla consulenza psicoterapeutica individuale, e alla possibilità di un supporto farmacologico, il partner dovrebbe sempre essere coinvolto. Così come la vita quotidiana, la gestione del bambino e le opzioni di supporto dovrebbero essere discusse e condivise dalla coppia”.