Psicosomatica

Buoni o Cattivi: si nasce o si diventa?

Le neuroscienze sociali si interrogano sulla manipolazione psicologica: siamo vittime oppure autori e autrici?

di Rosalba Morese

La manipolazione psicologica, intesa come “influenza psicologica”, è stata ampiamente studiata nell’ ambito della psicologia sociale, disciplina che offre una prospettiva specifica sul comportamento umano, mostrando di fatto come i modi in cui i pensieri e le azioni degli individui siano influenzabili dalla reale o immaginata presenza degli altri, e come questi possano essere così impattanti su di noi e sugli altri.

Pensiamo all’ultima volta che ci siamo lasciati convincere nel prendere una decisione di cui magari a posteriori non siamo stati completamente convinti. Che cosa è stato determinante nella nostra scelta? Hanno avuto un ruolo le nostre emozioni? Ha influito il sapere che tutte le altre persone avevano preso la stessa decisione? 

A questo proposito, è proprio la psicologia sociale che ci aiuta a comprendere e indagare come i processi di influenza psicologica agiscano su pensieri, emozioni e comportamenti che una o piu’ persone possono esercitare su un individuo o gruppo/gruppi. Un’ evidenza molto importante emersa dagli studi di psicologia sociale è stata mettere in rilievo l’effetto esercitato dalle situazioni e dai contesti sociali rispetto a quelli relativi alla personalità; con l’intento di cercare di risolvere uno dei noti quesiti: “Si nasce o si diventa buoni o cattivi”? I due classici esperimenti di Milgram e Zimbardo sono un chiaro esempio di evidenze scientifiche votate a supporto delle teorie che pongono in rilievo il ruolo del contesto sociale rispetto alle caratteristiche stabili individuali, come ad esempio i tratti di personalità.

 “Buoni o cattivi: si nasce o si diventa? Qual è il ruolo del contesto sociale rispetto ai tratti della personalità dell’individuo?”

Nel 1971 lo psicologo Philip Zimbardo conduce, con il suo gruppo di ricerca, il famoso esperimento conosciuto con il nome di Stanford Prison Experiment (SPE) nei laboratori della sua Università di Stanford, spazi trasformati all’occasione in vere e proprie celle che simulavano in modo molto realistico una vera prigione. Zimbardo mette in luce come l’ autorità sugli altri, applicata tramite il proprio ruolo in un contesto sociale totalizzante come può essere la realtà del carcere, porta ad accettarne le norme e i valori, proprio in quanto autorità. I risultati del suo esperimento sono andati oltre le aspettative delle ipotesi di partenza formulate, con risvolti anche drammatici. Infatti, dopo solo qualche giorno dall’ inizio dell’esperimento si sono osservati i primi episodi di violenza con umiliazioni e aggressioni, e per questo l’esperimento venne interrotto prima del previsto.

I risultati hanno mostrato come il potere del contesto sociale può evocare i processi di influenza psicologica su pensieri, sentimenti e comportamenti sulla propria identità personale ma anche su quella sociale, dimostrando che il contesto sociale può renderci “buoni” o “cattivi”. Un aspetto centrale e determinante di questo processo di influenza sociale è quello dello stato eteronomico, in quanto la persona non si sente più libera di agire e si considera come un agente che, all’interno di un sistema, deve soddisfare disposizioni stabilite da una persona di status superiore. In queste condizioni la persona non si considera più responsabile delle proprie azioni ma si identifica come uno strumento dell’autorità.

Secondo lo psicologo sociale Stanley Milgram, i fattori che promuovono lo stato eteronomico sono rappresentati da come percepiamo legittima l’autorità all’interno del contesto quando, sulla base dell’educazione ricevuta, aderiamo a un sistema autoritario e da quanto siamo sensibili alle pressioni sociali. Ma quindi, come è possibile arrivare a mettere in discussione delle norme morali per noi solide e importanti?

Dagli studi della psicologia sociale si evince come il processo di influenza sociale passi attraverso varie strategie che inizialmente fanno sembrare appropriata la norma dell’obbedienza all’autorità, salvo poi introdurre gradualmente delle trasformazioni che si basano su vari aspetti come l’utilizzo di informazioni distorte, ambigue o incomplete; lo stimolo di risposte emotive rapide ed impulsive; la sollecitazione verso cambiamenti graduali in modo da preservare una certa coerenza sulla propria identità e favorendo una maggior attivazione e adesione anche a norme molto lontane da noi.

Come si osservano questi processi nella nostra quotidianità?

Oggi è molto utilizzato il concetto di “manipolazione psicologica” quando si fa riferimento ai rapporti interpersonali. Esso è definito dall’American Psychological Association come “comportamento volto a sfruttare, controllare o influenzare in altro modo gli altri a proprio vantaggio”. Quindi, la finalità dell’influenza sociale intesa come manipolazione psicologica  è messa in atto esclusivamente per raggiungere vantaggi egoistici e personali.

Essa rappresenta quindi una forma di influenza sociale posta in atto attraverso strategie di comunicazione in cui le informazioni non intendono essere chiare ma ambigue, con l’intento di poter mettere in crisi quello che rappresenta la stabilità dell’identità della persona, e questa diventa l’oggetto del processo di manipolazione psicologica.

Infatti, oggi la manipolazione psicologica è definita come una forma di abuso emotivo molto sottile, non evidente come la violenza fisica. Essa tende a disgregare l’identità dell’altra persona per poter raggiungere i propri obiettivi, e questo può accadere all’interno dei rapporti di coppia, in ambito familiare, ma anche lavorativo, in cui le organizzazioni sono basate su gerarchie di potere con sistemi di funzionamento altamente competitivi.

Questa forma di violenza psicologica è molto impattante sulla salute mentale di chi vive queste situazioni, ed è paragonabile agli effetti del disturbo post traumatico da stress. Per intenderci, il gaslighting è un esempio molto noto nella nostra epoca: una vera e propria forma di abuso mirata a disintegrare l’autostima, l’identità e le capacità di chi si ritrova ad essere nel ruolo di vittima. Ciò avviene attraverso processi di svalutazione, denigrazione, controllo e spesso con vari tentativi di isolarla nel contesto sociale e lavorativo. 

Un po’ in linea con quanto già avvenuto in passato, vi è molto dibattito sull’intenzionalità o meno delle persone con specifici tratti di personalità (ad esempio machiavellismo, narcisismo, antisocialità e via dicendo) che mettono in atto questi comportamenti di manipolazione psicologica.

Ma al di là di questo aspetto non ancora risolto dal dibattito scientifico internazionale, è importante mettere in evidenza come l’adesione collettiva a norme sociali basate sui valori altruistici ed empatici possa fungere da anticorpi a una possibile influenza sociale basata sulla manipolazione psicologica.

In conclusione, la psicologia sociale insegna che tendiamo a conformarci alle norme che prevalgono in un contesto sociale, e che queste possono modificare anche la nostra identità con un forte impatto sulla salute mentale e sul benessere psicologico.

Quindi, quanto siamo autori e autrici di influenza sociale e manipolazione psicologica?

“Optio vobis est” (la scelta è tua)

“La manipolazione psicologica è definita comecomportamento volto a sfruttare, controllareo influenzare in altro modo gli altri a proprio vantaggio”