
Il silenzio dei medici
Alla ricerca della coscienza profonda del curante
di Alice Buletti
La questione riguardante la legalizzazione dei preparati a base di cannabioidi a scopo medico suscita un dibattito politico, scientifico e sociale. Al fine di arricchire la nostra analisi etica su questo argomento, abbiamo ritenuto opportuno interpellare dei professionisti della salute il cui silenzio è risultato eloquente.
Con l’obiettivo di comprenderne il significato abbiamo consultato lo psichiatra Michele Mattia, membro della COMED (Commissione Etica Cantonale per la Disabilità).
Il rifiuto dei medici interpellati è segnale di una complessa realtà psicologica. Per comprendere appieno questa posizione, è cruciale considerare il contesto dei lunghi decenni di proibizionismo che hanno preceduto la legalizzazione della cannabis a scopo medico. Tale quadro normativo ha plasmato credenze, pregiudizi e schemi di pensiero, riflessi della riluttanza dei medici a esprimere il loro punto di vista.
Secondo il dottor Michele Mattia, tale riluttanza costituisce un tassello in un puzzle psicologico più ampio: “Gli studi riguardanti l’impiego medico della cannabis godono di solide basi scientifiche. Tuttavia, il dilemma relativo a una parte della classe medica sembra derivare da una dimensione culturale sviluppatasi in decenni di proibizionismo. Il silenzio dei medici riflette una grande difficoltà nel prendere una posizione sull’argomento, soprattutto quando manca la considerazione dell’aspetto etico. Ciò rischia di basare le nostre decisioni su pregiudizi soggettivi circa la percezione della canapa nella società, influenzati dal timore della dipendenza. Per il professionista sanitario è vitale sganciarsi da queste credenze cognitive che potrebbero condizionare le sue scelte a discapito della possibilità di ampliare la scelta farmacoterapica che, a sua volta, potrebbe aiutare maggiormente la salute del paziente. Il grande interrogativo rimane se il medico sia in grado di emanciparsi da questo humus culturale in cui è cresciuto, abbracciando una visione medica più oggettiva, libera dalla soggettività e dagli schemi precostituiti e pregiudiziali del passato, per adottare un approccio etico in cui non trovano spazio valori disfunzionali”.
“Prescrizione della cannabis medica: la responsabilità del curante deve essere al centro del suo processo decisionale”
È dunque importante affrontare la questione da un punto di vista etico, al fine di poter contrastare questa dicotomia tra le risposte soggettive, frutto dell’area sociologica e politica nella quale ci troviamo immersi, e degli approcci che si fondano su di un quadro oggettivo e scientifico. In questo contesto, la responsabilità etica del curante deve dunque essere al centro del suo processo decisionale.
Come evidenziato dal nostro interlocutore, al cuore di tale responsabilità troviamo i quattro cardini fondamentali dell’etica medica: “Autonomia, beneficenza, non maleficenza e giustizia”. Sono questi i parametri secondo i quali il curante dovrebbe valutare le proprie decisioni riguardandi i propri pazienti, in un contesto, quello medico, in cui la responsabilità etica deve svolgere un ruolo fondamentale nel plasmare il processo decisionale dei professionisti.
È perciò imperativo che il medico s’interroghi sulla vera natura delle cure che sta fornendo e se queste potrebbero, nel tempo, provocare danni ai pazienti.
Il professionista della salute che, storicamente autorizzato a prescrivere farmaci oppiodi in conformità con le norme legali, decide di non esporsi sulla questione della prescrizione di farmarci a base di cannabis, fa prova di questo meccanismo automatizzato secondo il quale l’autorizzazione giustifica la somministrazione di tali medicamenti, nonostante i rischi ad essi associati. “Questa autorizzazione non sempre ha incentivato un’approfondita riflessione di natura etica: la prassi medica comporta effettivamente benefici o potrebbe generare conseguenze nocive? Come medico, è imperativo porsi costantemente la domanda su cosa stia effettivamente apportando beneficio al paziente o, al contrario, cosa stia generando un impatto negativo sulla sua salute”.
Alla responsabilità del medico si affianca quella di un complesso sistema sanitario, in cui la consapevolezza etica dei pazienti risulta spesso incompleta. In questa situazione complessa, come sottolinea Michele Mattia: “Il medico deve tenere in considerazione le conseguenze a lungo termine delle sue prescrizioni e il quesito centrale deve essere: quali sono le reali conseguenze delle azioni mediche sul benessere del paziente?”.
È quindi essenziale che, di fronte alla prospettiva di prescrivere un farmaco con potenziale rischio di dipendenza, il curante conduca un’approfondita valutazione dei rischi e adotti misure atte a minimizzare le conseguenze attraverso “l’analisi scrupolosa delle condizioni del paziente e della sua storia clinica, insieme all’individuazione di possibili predisposizioni alla dipendenza. Ad esempio, un fumatore mostra una predisposizione alle dipendenze e come curante devo esserne al corrente per decidere o meno se prescrivere dei farmaci a rischio”.
Oltre alla ponderazione dei rischi, è fondamentale “agire in accordo con i principi etici: se l’intervento medico genera beneficio per il paziente, seguendo il principio della beneficenza e del rispetto dell’autonomia della persona non coinvolta in una dipendenza, allora vi è l’indicazione a proseguire con la terapia”. In parallelo, diventa imperativo il monitoraggio attivo delle prescrizioni: “I medici hanno l’obbligo di seguire attentamente i pazienti che assumono farmaci a rischio di dipendenza. Tale monitoraggio consente di valutarne nel tempo gli effetti, adattando le terapie in base alle risposte individuali e prevenendo la dipendenza”.
In questo scenario, la responsabilità medica non si limita alla semplice prescrizione dei farmaci, ma si estende alla comprensione dei rischi e alla prevenzione della dipendenza: è un impegno costante verso la cura e la sicurezza del paziente, che richiede una valutazione attenta e una consapevolezza approfondita delle possibili conseguenze delle terapie mediche.
“I MEDICI SONO ETICAMENTE E RESPONSABILMENTE CHIAMATI A VALUTAREATTENTAMENTE LE DECISIONI,NEL RISPETTO DEL BENESSERE EDEL DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE DEL PAZIENTE”
La pratica medica si sviluppa costantemente, influenzata da cambiamenti normativi e progressi scientifici. Un contesto in continua evoluzione, all’interno del quale l’etica assume un ruolo sempre più cruciale, fungendo da faro imprescindibile per i professionisti della salute. L’emergere di nuove prospettive, come la legalizzazione della cannabis a scopo medico, solleva molti interrogativi, e pone gli operatori sanitari di fronte a sfide innovative. In questo scenario in divenire, la comprensione dei principi etici può costituire il baluardo contro la soggettività nelle decisioni mediche. La responsabilità etica non si esaurisce in una mera raccolta di concetti astratti, ma richiede un impegno concreto da parte dei medici verso i loro pazienti e nei confronti della comunità, sottolineando l’importanza di valutare attentamente le decisioni, ponendo al centro il benessere dei pazienti e rispettando il loro diritto all’autodeterminazione.
In conclusione, lo sguardo proiettato verso il futuro della pratica medica è nitido: l’evoluzione etica ne costituisce il cuore pulsante. Come sottolineato dallo psichiatra Michele Mattia: “La legalizzazione medica dei preparati a base di cannabis dovrebbe fungere da catalizzatore per una consapevolezza etica più profonda”.
L’evoluzione etica richiede un costante impegno per una consapevolezza sempre più profonda, e si configura come la chiave per assicurare cure rispettose e di qualità.