
I nostri neuroni sono più vulnerabili di notte?
UNIGE
di Alessandra Arrigoni Ravasi
I disturbi del sonno e dell'orologio che regola il suo ciclo circadiano sono spesso associati alla malattia neurodegenerativa di Parkinson. Tuttavia, il legame tra il ritmo biologico e il processo di degenerazione neuronale rimane incerto. Un’équipe dell'Università di Ginevra (UNIGE) ha studiato la distruzione dei neuroni in diversi momenti della giornata, utilizzando come modello di studio il moscerino della frutta. I ricercatori hanno scoperto che il tipo di stress cellulare coinvolto nel morbo di Parkinson è più dannoso per i neuroni quando si verifica durante le ore notturne. La ricerca è consultabile nella rivista Nature Communications.
Il morbo di Parkinson è una patologia neurodegenerativa progressiva caratterizzata dalla distruzione di alcuni neuroni del cervello: i neuroni dopaminergici. I sintomi principali di questa malattia sono tremori, lentezza nei movimenti e rigidità muscolare. Studi epidemiologici dimostrano che possono esservi associati altri disturbi, come quelli del sonno e del ciclo circadiano.
Questo ciclo, definito dall'alternanza tra periodi di veglia e di sonno, dura circa 24 ore e costituisce l'orologio interno del corpo umano che regola quasi tutte le sue funzioni biologiche. L'orologio circadiano controlla in particolare la secrezione a fine giornata della melatonina, chiamata anche "ormone del sonno", la variazione della temperatura corporea (più bassa al mattino presto e più alta durante il giorno) e il metabolismo nei periodi di digiuno (durante il sonno) o di assunzione di energia (al momento dei pasti diurni).
Causa o conseguenza?
Le alterazioni del ritmo circadiano e del sonno possono essere osservate anni prima della comparsa dei sintomi motori nei pazienti affetti dal morbo di Parkinson. Ma l'alterazione del ciclo circadiano contribuisce allo sviluppo della malattia o ne è una conseguenza?
Un’équipe dell’Università di Ginevra ha dimostrato come le alterazioni del ciclo circadiano aumentino il rischio di sviluppare una malattia neurodegenerativa
Questa domanda è al centro del lavoro svolto dal laboratorio di Emi Nagoshi, professoressa associata presso il Dipartimento di Genetica ed Evoluzione della Facoltà di Scienze dell'Università di Ginevra (UNIGE). Il suo team sta utilizzando il moscerino della frutta (drosofila) come modello di studio per il morbo di Parkinson e per analizzare i meccanismi coinvolti nella degenerazione dei neuroni dopaminergici. Gli scienziati sono infatti in grado di simulare l'insorgenza della malattia esponendo gli insetti per alcune ore a un farmaco che provoca uno stress ossidativo e porta alla morte dei neuroni dopaminergici nei giorni successivi.
I neuroni dei moscerini della frutta sono più fragili di notte
Sebbene siano specie molto diverse, gli orologi biologici degli insetti e degli esseri umani sono paragonabili tra loro. Per determinare se il ciclo circadiano possa avere un'influenza sull'insorgenza del morbo di Parkinson, i moscerini sono stati sottopostia uno stress ossidativo in sei diversi momenti del giorno e della notte.
"Abbiamo atteso sette giorni per osservare al microscopio la sopravvivenza dei neuroni bersaglio e abbiamo scoperto che i neuroni dopaminergici sono stati maggiormente distrutti negli insetti che erano stati sottoposti a stress ossidativo durante le ore notturne”, spiega Michaëla Dorcikova, ex dottoranda del Dipartimento di Genetica ed Evoluzione e prima autrice dello studio.
Per capire se queste osservazioni possano dipendere dal ritmo circadiano, gli scienziati hanno esposto alle stesse sollecitazioni dei moscerini sottoposti a mutazione il cui ciclo circadiano era stato alterato. I ricercatori hanno così osservato che i neuroni degli insetti senza orologio interno sono più sensibili allo stress ossidativo. Questi risultati suggeriscono che l'orologio circadiano ha realmente un effetto protettivo contro lo stress ossidativo sui neuroni dopaminergici.
Esplorare i fattori di rischio del morbo di Parkinson
La maggior parte dei casi di Parkinson è il risultato di un'interazione tra molteplici fattori di rischio genetici e l'esposizione per tutta la vita a fattori ambientali come pesticidi, solventi e inquinamento atmosferico. I risultati ottenuti dimostrano che un fattore di stress ossidativo, come un pesticida, somministrato in un momento specifico della giornata può avere un impatto critico sulla sopravvivenza dei neuroni dopaminergici.
"I nostri risultati suggeriscono inoltre che le variazioni genetiche nei geni dell'orologio circadiano potrebbero rappresentare un fattore di rischio per la neurodegenerazione dopaminergica. Ora dobbiamo verificare la rilevanza di questi risultati nell'essere umano”, conclude Emi Nagoshi, autrice finale dello studio.