OFTALMOLOGIA

Occhi aperti in Messico

UN GRUPPO DI OFTALMOLOGI SVIZZERI VOLONTARI CURANO IN MESSICO CHI SOFFRE DI DISTURBI DELLA VISTA

di Beatrice Garavaglia Manuele Moghini

Ogni anno, milioni di persone nel mondo affrontano il rischio di perdere la vista a causa di malattie oculari prevenibili o trattabili. Gli oftalmologi, medici specializzati nella cura degli occhi, sono spesso l’unica speranza per chi soffre di disturbi visivi gravi. Questa specializzazione richiede non solo abilità tecniche, ma anche una profonda sensibilità verso l’impatto che la perdita della vista può avere sulle persone e sulle comunità. Il ruolo dell’oftalmologo va oltre la medicina: è una missione che investe la sfera umana e sociale, specialmente quando le cure arrivano a chi non potrebbe permettersele.

La Swiss Foundation Against Blindness in Mexico rappresenta uno degli esempi più concreti di come la medicina possa fare la differenza nelle comunità meno servite. Da oltre vent’anni, questa organizzazione svizzera opera in varie regioni del Paese, organizzando missioni di chirurgia oculare gratuita. Grazie all’impegno dei medici volontari, molti dei quali viaggiano dalla Svizzera per collaborare con colleghi messicani, la Fondazione riesce a realizzare interventi che cambiano radicalmente la vita dei pazienti e delle loro famiglie, donando loro una seconda possibilità.

Per comprendere meglio l’importanza di queste missioni e il loro impatto sociale, abbiamo incontrato Theo Signer, specialista FMH oftalmologia, primario e direttore medico del Centro Avanti (Centro ticinese di chirurgia ambulatoriale), CMO e primario del Gruppo Vista. Signer ci racconta le sfide logistiche, mediche e umane che l’associazione affronta ogni giorno in queste missioni, e condivide storie di speranza e rinascita, in cui la vista ritrovata ha significato per molte persone la possibilità di tornare a lavorare e riprendere contatto con la propria comunità. L’impegno della Swiss Foundation Against Blindness in Mexico ci ricorda come un singolo intervento possa cambiare un’intera esistenza.


Partiamo dall’inizio: come è nato questo progetto?
L’anno prossimo festeggeremo il venticinquesimo anniversario della Fondazione, nata nel 2000 grazie a un’idea del Dottor Alex Heuberger e di un suo collaboratore anestesista di origine messicana. Quando è andato a trovarlo, è entrato in contatto con il primario di oftalmologia dell’ospedale locale, che gli ha fatto scoprire la complicata situazione dei pazienti della regione. Proprio da quell’incontro si è sviluppata l’intenzione di tornare una volta all’anno in quelle zone per fornire supporto, avvalendosi delle avanzate tecnologie portate dalla Svizzera e contribuendo alla formazione del personale locale.


Con gli anni, poi, la Fondazione si è ingrandita
Esatto, quattro anni dopo il Dr. Heuberger ha deciso di consolidare il gruppo, istituendo la formula basata sull’unione di quattro chirurghi. Nel frattempo, il contatto diretto con un’esponente del DIF (Dipartimento della reintegrazione dei casi sociali nella famiglia), è stato fondamentale per migliorare l’organizzazione in congiunzione con le amministrazioni locali messicane, che ci supportano nella scelta della località in cui andare a operare. L’anno prossimo saremo di nuovo nel Quintana Roo, lo Stato di cui fanno parte Playa del Carmen, Tulum, Cancún.


Quali sono le patologie oculari più comuni in Ticino? Come differiscono queste con i problemi diffusi in Messico?
In Ticino le patologie di cui ci occupiamo sono soprattutto la cataratta, la degenerazione maculare, il glaucoma. In Messico ci occupiamo soprattutto della cataratta, una patologia abbastanza semplice da trattare, con un alto tasso di successo. Questo intervento consiste nell’asportazione del cristallino e la sua sostituzione con un cristallino artificiale: purtroppo in Messico questa operazione si rivela molto più difficile, vista la durata della patologia e la durezza del cristallino. I pazienti vengono da lontano, impiegando anche quattro o cinque giornate di viaggio per arrivare da noi: questo rende impossibile un monitoraggio post-operatorio periodico come avviene in Svizzera.


Come è composto il gruppo che ogni anno viaggia dalla Svizzera al Messico?
Il nucleo centrale è composto da quattro medici oftalmologi, affiancati da infermieri di sala operatoria e di controllo post-operatorio per un totale di circa tredici membri. Sul posto poi troviamo una squadra altrettanto grande composta da infermieri e funzionari amministrativi che ci supportano. È molto importante gestire nel migliore dei modi la questione della strumentazione: dato che ogni occhio ha bisogno di materiale appositamente preparato, dobbiamo essere più attrezzati possibile.


Dopo mesi di organizzazione, giunge poi il momento di partire.
Di solito ci imbarchiamo a Zurigo su un volo diretto. Siamo circa una decina ma portiamo con noi almeno trenta valigie, tra cui quelle che contengono il materiale per la sala operatoria: è fondamentale che arrivino in tempo e vengano trattate nel modo più delicato possibile. All’atterraggio passiamo attraverso i controlli aeroportuali, che possono essere molto lunghi: spesso le autorità messicane non hanno mai visto prima il materiale che portiamo dalla Svizzera, e si dimostrano curiosi di sapere a cosa servono gli strumenti.


Una volta in Messico, realizzate tra i 400 e i 500 interventi nel giro di due settimane. Qual è la routine?
Dal giorno successivo all’arrivo iniziamo i preparativi della sala operatoria, dove allestiamo dalle due alle quattro postazioni. Normalmente ci installiamo all’interno di una struttura sanitaria, nel migliore dei casi in un ospedale che ci dedica un paio di sale; ma è capitato anche di dover realizzare una sala operatoria in un capannone provvisto solo di letti. Le giornate di intervento non hanno orari definiti: molto frequentemente siamo in balia degli imprevisti che incontrano i pazienti lungo il viaggio per raggiungerci – incidenti, inondazioni e altro – la parola d’ordine deve quindi essere: flessibilità!


Come sono finanziati gli interventi?
Si tratta di una partecipazione congiunta alle spese da parte della Svizzera e del Messico. Il governo messicano copre le spese di reclutamento, trasporto e soggiorno dei pazienti, mentre noi paghiamo il materiale che portiamo da qui e il nostro viaggio in tutti i suoi aspetti, operando su base volontaria.


Oltre alla componente medico-sanitaria, le missioni in Messico sono occasione di crescita anche dal punto di vista umano.
Senza dubbio. Essere testimoni del momento in cui i pazienti tornano a vedere riacquistando libertà e indipendenza è sempre estremamente toccante. Così come quando riescono a rivedere i propri cari dopo tanto tempo, o i nipotini per la prima volta. Ricordo con tenerezza di aver operato l’anno scorso una bambina di tre mesi, e di averla rivista quest’anno correre e giocare senza bisogno di assistenza: è stato molto emozionante, questi sono i momenti che danno senso al nostro lavoro.


In che modo il vostro ruolo di medici differisce rispetto a quello ricoperto in Svizzera?
In Messico il nostro lavoro acquista un valore anche sociale, in quanto una persona cieca grava in misura maggiore sulla società rispetto al contesto svizzero: non è in grado di lavorare, è fragile e necessita di assistenza continua da parte dei familiari. In assenza di un sistema sanitario e pensionistico avanzato, per chiunque è fondamentale riuscire a essere abile al lavoro più a lungo possibile, ridare la vista significa quindi garantire indipendenza. In Svizzera questa dimensione è assente, perché non si giunge mai a questi estremi.


Guardando al futuro: quali sono le prospettive della Fondazione?
Nel 2025 è previsto un nuovo viaggio a ottobre. Stiamo definendo la squadra che ci accompagnerà, reclutando i pazienti, e censendo i materiali che dovremo portare. Sul lungo termine, abbiamo vari punti da discutere, ma la voglia di andare avanti ci motiva profondamente, e posso garantire che questo progetto continuerà. Il contesto ticinese e svizzero ci supporta generosamente, siamo grati a tutti coloro che credono in noi e che donano, sostenendo le nostre attività.